Presentazione Messaggio IV Giornata Mondiale dei Poveri

Sala Stampa 13 giugno 2020

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“Tendi la tua mano al povero” (Sir 7,32). Con le parole dell’antico libro del Siracide, Papa Francesco propone la sua riflessione per la IV Giornata Mondiale dei Poveri che si celebrerà in tutta la Chiesa Domenica 15 Novembre. È un Messaggio che entra direttamente nel drammatico momento che il mondo intero ha vissuto a causa del Covid-19, e che molti Paesi stanno ancora combattendo nella fatica di portare soccorso a quanti sono vittime innocenti.

La riflessione di Papa Francesco si sviluppa alla luce dell’immagine biblica che vede un uomo saggio, “Gesù figlio di Sira” come si presenta lui stesso alla fine del libro (cfr Sir 50, 27), vissuto circa duecento anni prima della nascita di Cristo. Gli interrogativi che si poneva, ruotavano intorno al tema di dove risiedesse la sapienza e quale risposta di senso potrebbe offrire alle vicende della vita. Il Papa rileva che sono gli stessi interrogativi che hanno segnato la vita di milioni di persone in questi mesi di coronavirus: la malattia, il lutto, l’incertezza della scienza, il dolore, la mancanza delle libertà a cui si è abituati, la tristezza di non poter dare l’ultimo saluto alle persone a cui si vuole bene… In questa circostanza, la preghiera si è fatta più insistente e il pensiero a Dio ha sfiorato la mente di tante persone spesso indifferenti. Ne è derivata la ricerca di maggior spiritualità, come testimoniato dalla massiccia partecipazione a differenti manifestazioni liturgiche. Giustamente Papa Francesco sottolinea che l’autore sacro: “insiste sul fatto che nel disagio bisogna avere fiducia in Dio: «Non ti smarrire nel tempo della prova. Stai unito a lui senza separartene, perché tu sia esaltato nei tuoi ultimi giorni. Accetta quanto ti capita e sii paziente nelle vicende dolorose, perché l’oro si prova con il fuoco e gli uomini ben accetti nel crogiuolo del dolore. Nelle malattie e nella povertà confida in lui. Affidati a lui ed egli ti aiuterà, raddrizza le tue vie e spera in lui»” (n. 1).

Il libro del Siracide, comunque, non permette di fermarsi alla preghiera; anzi, afferma che per avere una preghiera che sia degna ed efficace è necessaria l’attenzione a quanti sono nella povertà. Lo afferma senza attenuanti Papa Francesco quando scrive: “La preghiera a Dio e la solidarietà con i poveri e i sofferenti sono inseparabili. Per celebrare un culto che sia gradito al Signore, è necessario riconoscere che ogni persona, anche quella più indigente e disprezzata, porta impressa in sé l’immagine di Dio. Da tale attenzione deriva il dono della benedizione divina, attirata dalla generosità praticata nei confronti del povero” (n. 2).

Il tema della “immagine di Dio” impressa sul volto del povero è estremamente significativa perché obbliga a non poter volgere lo sguardo altrove quando si desidera vivere un’esistenza pienamente cristiana. In questo senso, la metafora del “tendere la mano” acquista la sua valenza più profonda perché obbliga a ritornare alle parole del Signore che ha voluto identificarsi con quanti mancano del necessario e vivono condizioni di emarginazione sociale ed esistenziale. Il Messaggio esemplifica diverse situazioni che in questi mesi di pandemia hanno visto una mano tesa e che sono impresse nella mente di tutti: “La mano tesa del medico che si preoccupa di ogni paziente cercando di trovare il rimedio giusto. La mano tesa dell’infermiera e dell’infermiere che, ben oltre i loro orari di lavoro, rimangono ad accudire i malati. La mano tesa di chi lavora nell’amministrazione e procura i mezzi per salvare quante più vite possibile. La mano tesa del farmacista esposto a tante richieste in un rischioso contatto con la gente. La mano tesa del sacerdote che benedice con lo strazio nel cuore. La mano tesa del volontario che soccorre chi vive per strada e quanti, pur avendo un tetto, non hanno da mangiare. La mano tesa di uomini e donne che lavorano per offrire servizi essenziali e sicurezza. E altre mani tese potremmo ancora descrivere fino a comporre una litania di opere di bene. Tutte queste mani hanno sfidato il contagio e la paura pur di dare sostegno e consolazione” (n. 6).

Davanti a questo segno di grande umanità e responsabilità, Papa Francesco contrappone l’immagine di quanti continuano a tenere le “mani in tasca e non si lasciano commuovere dalla povertà, di cui spesso sono anch’essi complici” (n. 9). L’elenco, fortunatamente più breve a testimonianza che il bene è sempre di gran lunga superiore all’avidità di pochi, descrive scene di vita quotidiana: “Ci sono mani tese per sfiorare velocemente la tastiera di un computer e spostare somme di denaro da una parte all’altra del mondo, decretando la ricchezza di ristrette oligarchie e la miseria di moltitudini o il fallimento di intere nazioni. Ci sono mani tese ad accumulare denaro con la vendita di armi che altre mani, anche di bambini, useranno per seminare morte e povertà. Ci sono mani tese che nell’ombra scambiano dosi di morte per arricchirsi e vivere nel lusso e nella sregolatezza effimera. Ci sono mani tese che sottobanco scambiano favori illegali per un guadagno facile e corrotto. E ci sono anche mani tese che nel perbenismo ipocrita stabiliscono leggi che loro stessi non osservano” (n. 9). Parole dure ma purtroppo vere, che mostrano quanta mancanza di responsabilità sociale sia ancora presente nel mondo di oggi con la conseguenza di estreme sacche di povertà che si accrescono a dismisura.

La mano tesa, dunque, è un invito ad assumersi la responsabilità di dare il proprio contributo che si evidenzia in gesti di vita quotidiana per alleviare la sorte di quanti vivono nel disagio e mancano della dignità di figli di Dio. Papa Francesco non ha timore di identificare queste persone come dei veri santi, “quelli della porta accanto” che con semplicità, senza rumore e pubblicità offrono la genuina testimonianza dell’amore cristiano. La massiccia presenza di tanti volti di poveri richiede che i cristiani siano sempre in prima linea, e sentano l’esigenza di sapere che manca loro qualcosa di essenziale nel momento in cui un povero si presenta dinanzi. “Non possiamo sentirci ‘a posto’ quando un membro della famiglia umana è relegato nelle retrovie e diventa un’ombra” (n. 4), scrive Papa Francesco nel suo Messaggio. È come se invitasse a fare nostro il “cuore inquieto” di sant’Agostino. Rimanere irrequieti fino a quando non si è trovato Dio impresso nel volto del povero.

Per molti versi, l’immagine del tendere la mano richiama da vicino il logo che fin dall’inizio di questa iniziativa di Papa Francesco accompagna la Giornata Mondiale dei Poveri. Le mani tese sono quelle di due persone: una sta sulla soglia di casa, l’altra attende. Il richiamo è forte perché evoca quanto ambedue abbiano bisogno l’una dell’altra. La mano tesa del povero chiede, ma invita l’altro a uscire da se stesso per spezzare il cerchio di egoismo che avvolge tutti. Questo Messaggio del Papa, pertanto, è un invito a scrollarsi di dosso l’indifferenza, e spesso il senso di fastidio verso i poveri, per recuperare la solidarietà e l’amore che vivono di generosità dando senso alla vita.

La presentazione di questo Messaggio nella festa liturgica di sant’Antonio da Padova, patrono dei poveri, manifesta che quanto possiamo compiere è sempre sotto la grazia di Dio che accompagna la vita dei credenti e la storia degli uomini. Sono parole che intendono aiutare la preparazione e realizzazione della prossima Giornata Mondiale ben consapevoli delle restrizioni che le leggi dei vari Paesi impongono. Nei prossimi mesi, infatti, sarà ancora richiesta la dovuta attenzione alle norme di sicurezza, ma probabilmente saranno accresciute ulteriormente le richieste di aiuto. Sarà nostro compito, pertanto, non far mancare ai sempre più numerosi poveri che incontriamo, i segni quotidiani che accompagnano la nostra azione pastorale, e quelli straordinari che la Giornata Mondiale dei Poveri prevede e da diversi anni ormai realizza.