Papa: l’ingiustizia è la radice della povertà, ascoltiamo il grido degli ultimi
Nella Basilica Vaticana, il Pontefice celebra la Messa in occasione della Giornata mondiale dei poveri e chiede a tutti di “amare gratuitamente”, secondo l’esempio di Gesù, in un mondo dove troppo spesso si calpesta la “dignità umana” nell’indifferenza pressoché generale. Per l’occasione, Papa Francesco incontra 6.000 indigenti accompagnati dalle associazioni e dai gruppi parrocchiali
Barbara Castelli – Città del Vaticano
“L’ingiustizia è la radice perversa della povertà”: “il grido dei poveri diventa ogni giorno più forte, ma ogni giorno meno ascoltato, sovrastato dal frastuono di pochi ricchi”. Lo sottolinea Papa Francesco nell’omelia della Messa celebrata in occasione della seconda Giornata mondiale dei poveri, sul tema: “Questo povero grida e il Signore lo ascolta”. Nell’anniversario della dedicazione delle Basiliche Vaticana (1626) e Ostiense (1854), il Pontefice ricorda che “davanti alla dignità umana calpestata”, il cristiano non può restare “a braccia conserte, indifferente, o a braccia aperte, fatalista”, ma deve tendere “la mano, come fa Gesù”. (Ascolta il servizio con la voce del Papa).
Basta banchetti per pochi, giustizia per gli ultimi
Il cristiano non può accontentarsi di “fare del bene solo” a pochi, perché “ricambiare è normale, ma Gesù chiede di andare oltre”: “di dare a chi non ha da restituire, cioè di amare gratuitamente”, “quella sarà la nostra mano tesa, la nostra vera ricchezza in cielo”. A conclusione del Giubileo straordinario della misericordia, con la Lettera apostolica “Misericordia et misera”, pubblicata il 21 novembre 2016, Papa Bergoglio ha stabilito che nella XXXIII Domenica del tempo ordinario si celebra la “Giornata mondiale dei poveri”, proprio per avere sempre gli occhi aperti sulle ferite del mondo, le orecchie vigili per ascoltare “il grido dei poveri”, le “mani tese per aiutare”.
Il grido dei poveri: è il grido strozzato di bambini che non possono venire alla luce, di piccoli che patiscono la fame, di ragazzi abituati al fragore delle bombe anziché agli allegri schiamazzi dei giochi. È il grido di anziani scartati e lasciati soli. È il grido di chi si trova ad affrontare le tempeste della vita senza una presenza amica. È il grido di chi deve fuggire, lasciando la casa e la terra senza la certezza di un approdo. È il grido di intere popolazioni, private pure delle ingenti risorse naturali di cui dispongono. È il grido dei tanti Lazzaro che piangono, mentre pochi epuloni banchettano con quanto per giustizia spetta a tutti. L’ingiustizia è la radice perversa della povertà.
Il cristiano è un viandante agile dell’esistenza
Commentando un passo del Vangelo secondo Matteo (Mt 14, 22-33), Papa Francesco mette a fuoco tre azioni che compie Gesù: lasciare la folla quando era “acclamato per aver moltiplicato i pani”, per andare sul monte a pregare; raggiungere nella notte i suoi discepoli “camminando sulle acque agitate dal vento”; e “tendere la mano” a un Pietro “impaurito”, “nel mezzo della tempesta”. Il Figlio di Dio, precisa, va sempre “controcorrente” e ci “insegna il coraggio di lasciare: lasciare il successo che gonfia il cuore e la tranquillità che addormenta l’anima”. Si tratta, dunque, di un lasciare per andare “verso Dio, pregando, e verso chi ha bisogno, amando”: questi “sono i veri tesori della vita”. Gesù, insiste il Pontefice, “ci distoglie dal pascerci indisturbati nelle comode pianure della vita, dal vivacchiare oziosamente tra le piccole soddisfazioni quotidiane”, perché “i discepoli di Gesù non sono fatti per la prevedibile tranquillità di una vita normale”.
Destaci, Signore, dalla calma oziosa, dalla quieta bonaccia dei nostri porti sicuri. Slegaci dagli ormeggi dell’autoreferenzialità che zavorra la vita, liberaci dalla ricerca dei nostri successi. Insegnaci a saper lasciare per impostare la rotta della vita sulla tua: verso Dio e verso il prossimo.
Nessun naufragio con Gesù a bordo
In secondo luogo, “Gesù rincuora”, “calpestando i nemici maligni dell’uomo”: “il diavolo, il peccato, la morte, la paura, la mondanità”. Nel viaggio della vita, precisa Papa Bergoglio, solo con Gesù “a bordo non si fa mai naufragio”.
La barca della nostra vita è spesso sballottata dalle onde e scossa dai venti, e quando le acque sono calme presto tornano ad agitarsi. Allora ce la prendiamo con le tempeste del momento, che sembrano i nostri unici problemi. Ma il problema non è la tempesta del momento, è in che modo navigare nella vita. Il segreto del navigare bene è invitare Gesù a bordo.
Giù dai piedistalli, per stare con i bisognosi
Infine, durante la Messa celebrata nella Basilica Vaticana, Papa Francesco ricorda che “l’inizio della fede” è “svuotarsi dell’orgogliosa convinzione di crederci a posto, capaci, autonomi”, riconoscendosi “bisognosi di salvezza”.
La fede cresce in questo clima, un clima a cui ci si adatta stando insieme a quanti non si pongono sul piedistallo, ma hanno bisogno e chiedono aiuto. Per questo vivere la fede a contatto coi bisognosi è importante per tutti noi. Non è un’opzione sociologica, non è la moda di un pontificato, è un’esigenza teologica. È riconoscersi mendicanti di salvezza, fratelli e sorelle di tutti, ma specialmente dei poveri, prediletti dal Signore.