Intervista a Vania Pirrone

Print Mail Pdf

DSC01661 - Copia

Domenica 22 gennaio, durante la celebrazione della Domenica della Parola di Dio, a sette laici è stato conferito, da Papa Francesco, il ministero di Catechista e a tre quello di Lettore. Sono uomini e donne provenienti da Italia, Messico, Filippine, Galles e Congo. Vania Pirrone è italiana, ha 46 ed è catechista nella diocesi di Pescia, in Toscana.

 

Cosa significa per la sua vita essere catechista?

«Per la mia vita essere catechista significa avere il mandato ad essere testimone del messaggio di Gesù. Per la mia professione e per il mio impegno in diocesi e in parrocchia questo significa testimoniare con la mia vita e con il mio esempio, più che con le parole. Già con la mia consacrazione nell'Ordo Virginum, e ancora di più adesso che sono stata istituita direttamente da Papa Francesco, la mia vita è finita "sotto i riflettori", spesso mi sento gli occhi puntati e questo per me significa dover essere coerente con la vita: attenzione verso gli altri, pazienza, perdono, ascolto, creare relazioni. In me c'è anche il bisogno grande di affidare ed affidarmi nella preghiera, come a una fonte».

 

Quando ha sentito per la prima volta questa vocazione?

«Non ricordo un momento preciso. Ho sempre avuto una vita attiva nel volontariato e nelle attività della parrocchia. C'è stato un tempo, subito dopo il mio soggiorno in Togo in cui ho capito che c'era una necessità concreta in parrocchia, e così ho dato la mia disponibilità. Ho messo in pratica le mie conoscenze anche professionali, e poi ho cercato di formarmi come catechista».

 

Lei ha vissuto un'esperienza di missione in Africa. Questo tempo ha cambiato il suo modo di evangelizzare?

«Penso di sì. In Africa non ho fatto attività diretta di evangelizzazione. Ho vissuto in un piccolo villaggio, molto isolato e lontano dalle grandi città, dove le persone parlavano quasi esclusivamente la lingua locale, per me difficile da apprendere. Quindi in quel tempo ho dovuto veramente dire tutto con la vita. Mi sono messa a servizio e ho fatto ciò che mi sembrava più utile per aiutare le persone, e soprattutto i bambini. Avevo solo le mie azioni per dire qualcosa del messaggio del Vangelo: la cura, far sentire importanti quelle persone, far capire che per me valeva la pena vivere la mia vita proprio lì con loro. Questo mi ha insegnato tanto».

 

Cosa ha provato mentre il Papa le conferiva il ministero?

«Un'emozione grande, per cui ancora non ho trovato le parole. Il Papa non ha mancato di alzare lo sguardo e guardarci, durante il Rito. E quando mi ha consegnato la croce e i nostri sguardi si sono incrociati mi sono sentita "guardata" come mai mi era capitato. Dopo, seduta al mio posto, con la croce tra le mani, mi sono commossa, ho pensato che stavo vivendo una Grazia davvero unica, e ho sentito anche un profondo senso di responsabilità, per l'importante ruolo e compito che mi veniva affidato».