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L’icona dei discepoli di Emmaus venne proposta a suor Marie-Paul Farran nel 1990 da padre Thomas Rosica che in quell’anno stava completando la tesi di licenza presso il Pontifi - cio Istituto Biblico di Roma, approfondendo l’identità del discepolo anonimo nel racconto lucano. La tesi, diretta dal gesuita John Kilgallen, venne presentata con il titolo Emmaus: The Road to Recognition. Exegetical study of Luke 24:13-35. Dopo diversi giorni di rifl essione, suor Marie-Paul accolse la proposta e alla fi ne del 1991 l’icona venne completata e consegnata. La copia originale si trova a Toronto, in Canada, presso lo stesso padre Thomas Rosica. Suor Marie-Paul Farran amava illustrarne il signifi cato con queste parole: «Tutti, uomini e donne, siamo chiamati a essere come questi due discepoli di Cristo: in cammino, per ripercorrere insieme a lui la Scrittura, lasciandoci ammaestrare e illuminare. Tale percorso si spinge verso una meta inattesa: “Resta con noi, Signore!”. Ci attende la mensa, la Cena, quando, alla frazione del pane, il Signore scomparirà dagli occhi, vivendo per sempre nella vita dei due discepoli: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20)». Nel logo, delineato dal grafi co Giordano Redaelli, la mano del Risorto addita la stella dell’evangelizzazione ed è proprio in essa che sono immersi i tre protagonisti dell’icona: la prima forma di evangelizzazione, infatti, è la relazione con il Risorto, una relazione così viva da diventare conformazione a Lui grazie alla mensa della Parola e dell’Eucarestia: la prima scalda il cuore, la seconda apre gli occhi, insieme illuminano la vita, rendendola generativa e feconda.